TESTI - GRAFICA ORIGINALE E FALSI D'AUTORE

10 ANNI FA COME OGGI
I FALSARI IMPERVERSANO
Una rivista che programmaticamente si occupa di grafica deve risolvere gli enigmi più immediati legati alla definizione dei termini tecnici in uso (anche in relazione alle dinamiche del mercato) e a tal proposito utilizzerò le parole di un esperto.
Sul numero 64 di febbraio 1989 del Giornale dell’Arte Gian Alvise Salamon, in un lungo articolo nella Rubrica Il punto di vista di, scriveva: "Le «fotolito» dei dipinti: gli antichi sapevano già come fare. Vari articoli sono apparsi ultimamente sul problema della distinzione tra «grafica» originale e non. Nell’incisione (termine più preciso del generico «grafica»), la copia, il falso è nato quasi contemporaneamente all’invenzione della stessa: Marcantonio Raimondi (1480-1534), copiò parecchie opere di Albrecht Dürer per la notevole richiesta del mercato di immagini del grande maestro e fu da questi denunciato; in seguito l’attività del copista e cioè dell’artigiano incisore non ebbe più termine e nel ’600 e ’700 furono eseguite innumerevoli riproduzioni di quasi tutte le opere (oli, affreschi, disegni ed incisioni) di tutti i maggiori artisti tanto che si dovettero emanare leggi a protezione degli stessi ed ovviamente dei consumatori. Su quasi tutte le incisioni comparvero i termini «inv.» «exq.» «inc.» ecc. e cioè «inventare», «scolpire» ed «incidere» seguiti dal nome dell’artista o dell’artigiano. Tali termini indicano se l’opera è originale (d’invenzione) oppure essa è solo una copia: ad esempio si legge al piede di alcune incisioni «G.B.Piranesi inv. et inc.» il che sta ad indicare che Giovanni Battista Piranesi inventò, creò ed incise personalmente la lastra ed oggi l’opera è considerata un originale (nonostante egli usasse per incidere tutti gli strumenti ed i mezzi meccanici disponibili all’epoca); oppure «Van Dyck inv. Pontius inc.» il che significa che Van Dyck inventò l’immagine da lui dipinta ad olio ma Paul Pontius incise la lastra, e la stampa ricavata da tale matrice è considerata come incisione decorativa.
Con l’avvento della fotografia e della riproduzione fotomeccanica l’artigiano incisore tende a scomparire od a trasformarsi in un fotoincisore; di conseguenza dalla fine dell’800 scompaiono anche le scritte al fondo del foglio sostituite da una più semplice firma a matita ed il mestiere di incisore diviene man mano sinonimo di artista; le riproduzioni, le copie, sono normalmente eseguite con processi fotografici e di conseguenza l’unico veto che viene posto dagli artisti per salvaguardare il mercato è proprio rivolto a questi processi e, nella Convenzione di Vienna del 1960, vengono approvate una serie di regole oggi non più valide; non dimentichiamoci che negli anni ’50 gli incisori più famosi, in Italia ed all’estero, sono acquafortisti come i nostri Giorgio Morandi, Giuseppe Bartolini, Felice Casorati, Marino Marini, Mario Calandri ecc. che incidono quasi esclusivamente in calcografia.
Il primo artista, incisore e grafico, che ha sovvertito le regole è stato Andy Warhol: per lui la grafica, l’incisione, la stessa pittura divengono opere seriali e il concetto stesso della sua arte è il moltiplicarsi continuo della stessa fotografia, da cui l’obbligo della fotoincisione. Il contenuto artistico (d’invenzione, di creatività) delle opere anche se fotoincise, ha trasformato le stesse in incisioni originali a pieno diritto; a conferma di ciò che il mercato internazionale le ha valutate a tale stregua, musei ed collezionisti pagano quotazioni altissime, ma non dettate da una moda, poiché gli acquirenti sono esperti operatori del settore. La teoria Warhol ha vanificato la Convenzione di Vienna del 1960 e molti artisti, avendone malinteso il significato, hanno prodotto banali fotolito delle proprie opere, insignificanti riproduzioni di disegni o di oli nati come tali. Un esempio clamoroso sono state le fotoincisioni di Renato Guttuso, inizialmente vendute come originali e solo in seguito denunciate dallo stesso come fotoincisioni. Le quotazioni delle incisioni del Maestro erano relativamente basse perché Guttuso non era un incisore, ma è chiaro che il mercato considera alla stessa stregua sia le incisioni originali che quelle in fotolito.
Veniamo agli ultimi anni. Quasi sconfitte le fotolitoriproduzioni, nasce una nuova moda dei riporti manuali: cioè rinasce l’artigiano-incisore del secolo scorso, di norma artisti mancati che prestano la loro abilità manuale al maestro affermato. La causa è da ricercarsi in una fortissima richiesta del pubblico, concentrata in pochi nomi molto pubblicizzati. Questi artisti non avendo tempo di eseguire personalmente le lastre, alquanto complicate, e pressati dagli editori cedono alle lusinghe ed inviano semplici fotocolor agli artigiani incisori che le riproducono, rinunciando anche a un minimo controllo sulla grafia dell’opera. Gli editori pagano peraltro queste riproduzioni al pari di opere originali (dalle 100.000 alle 300.000 a firma!, cioè dai 20 ai 60 milioni a tiratura); si scopre improvvisamente che Salvatore Fiume usa tecniche inusuali e che Michele Cascella, ultimamente firma fogli in bianco, accettando quindi a priori la qualità, la bontà del foglio stampato, inciso da terzi. Tale pratica era stata adottata anche da Salvador Dalì e, quando la notizia si diffuse, causò il crollo del mercato delle sue incisioni edite dopo tale data. Rimango comunque in ogni caso meravigliato dall’immane esercizio che il maestro Cascella ha dovuto fare per firmare tutti quei fogli; ad una stima attuale, i 500 fogli/anno dichiarati da Paolo Bellini mi sembrano estremamente esigui; solo oggi in commercio ne esistono circa 25.000 (almeno 2.000 gallerie e corniciai mettono in vendita mediamente 5 fogli cadauno e 300 distributori rateali o grossisti hanno come minimo 50 fogli a magazzino, ecc. ecc.); vogliamo inoltre stimare in 50.000 le opere già vendute ed appese ai muri? Anche a me sono state offerte partite di fogli con incisioni (?) di Cascella a 500 copie per volta ed a prezzi assai bassi, dalle 80.000 alle 120.000 lire cadauno.
La proposta di creare una divisione fra «grafica-incisione» e «grafica-pittura» è meritevole, potrebbe essere una soluzione, ma cancellerebbe con un colpo di spugna anche tutto quanto è stato fatto in questi ultimi anni di progresso in campo tecnologico nell’incisione, per inventare o creare nuove forme plastiche; cancellerebbe la maggior parte delle opere di incisori come Toulouse-Lautrec, Picasso, Mirò, Tàpies, Ortega, Valentini, Santomaso, Dorazio, Warhol ecc. che usano nell’incisione il colore, la materia come nuove forme di espressione artistica, ed inoltre negherebbe a quanti si accingono a studiare questa tecnica di espressione dell’arte la possibilità e la prospettiva di un vero mercato.
Lasciamo quindi queste proposte per gli antiquari, ma non per l’arte contemporanea. Mentre trovo scorretta la proposta che paragona il bozzetto di una scultura creata apposta per diventare scultura (disegnata come progetto di una scultura e sempre realizzata sotto la supervisione dell’artista, che, una volta sgrossata, ne cura personalmente la finitura) ad una riproduzione anche manuale di un olio e la mette sullo stesso piano artistico ... Le regole, le leggi esistono da molto tempo, ed è solo la disattenzione di molti operatori del mercato che ha permesso di giungere fino a questo punto, creando confusione e smarrimento nel pubblico, non certo fra gli esperti, editori, collezionisti e mercanti che sanno distinguere se un’incisione è stata eseguita dall’artista o meno; la differenza è evidente quando improvvisamente un pittore produce opere con tecniche a lui inusuali, o addirittura cambia tecnica, passando da uno stampatore all’altro.
La mano dell’artigiano incisore è inconfondibile esattamente come la mano di un pittore.
Ma i collezionisti, i musei, non sono sufficienti a mantenere da soli il mercato della grafica originale: molti nuovi collezionisti vorrebbero avvicinarsi ad esso ma si disamorano rapidamente, non riuscendo a distinguere quali siano le opere originali e non, e le opere che potranno avere valore dalle copie. Nei secoli scorsi gli artisti si erano già trovati nella situazione attuale. Quando sulla lastra compariranno di nuovo paternità e maternità delle opere, sarà facile distinguerle dalle altre incisioni, mentre sarà molto rischioso scrivere indicazioni inesatte, in quanto diverrebbe frode in commercio perseguibile per legge.
L’artista incisore, per facilitare la comprensione del pubblico, deve solo riutilizzare quei vecchi termini, "incise", "inventò", "scolpì", ecc. ormai dimenticati, e inciderli sulla lastra.
La stessa cosa dovranno fare gli stampatori e gli editori.
Nel mercato, gli esperti che sanno distinguere un originale da una copia, denuncerebbero immediatamente la truffa e le conseguenze per l’artista, che oggi sta sfruttando il mercato con riproduzioni eseguite con grafica-pittura, sarebbero disastrose, in quanto il suo mercato crollerebbe rapidamente. Oltre ad incidere i riferimenti delle opere, un’ulteriore garanzia è data dalla SIAE, Società Italiana Autori ed Editori ... La società stessa ha il compito di controllare le copie stampate, timbrarle con una numerazione progressiva ed archiviare una copia unitamente alla dichiarazione dell’artista su come è stata realizzata l’opera. Tale archivio è sempre consultabile. L’artista, di conseguenza, dovrebbe iscriversi alla SIAE che provvederà a tutelare il suo lavoro anche nella previsione, ormai non più così remota, del varo in Italia di una legge che permetterà di percepire una percentuale sull’aumento di valore delle proprie opere nel tempo, al momento in cui queste vengano rivendute (tali regole sono già operanti negli Stati Uniti, ed in alcuni Paesi Europei e da pochi mesi anche in Spagna). Con queste due operazioni (la firma delle lastre indicando i procedimenti di incisione e il controllo delle tirature da parte della SIAE), si aiuterà l’acquirente a ritrovare la fiducia e quindi a riaprire un mercato ormai asfittico.
Nel periodo di transizione, cioè per le opere ormai stampate e non ancora distribuite, occorre informare il pubblico che deve richiedere un certificato di garanzia al venditore, in cui siano specificatamente indicati: il termine di incisione originale, l’autore, se l’autore ha direttamente partecipato al processo di incisione, se le lastre sono state incise da altri, rendendolo direttamente responsabile di quanto dichiarato. Ricordo che ogni opera d’arte deve essere accompagnata dal certificato di garanzia con la fotografia dell’opera, e si consiglia l’acquirente di leggere attentamente i certificati; se questi non sono chiari, leggibili e non indicano palesemente chi e come ha realizzato l’opera, non sono validi e l’acquisto non deve essere effettuato. Inoltre, affinché la garanzia abbia valore questa deve essere emessa da una persona responsabile, da un commerciante, dal pittore stesso o dal suo archivista e non da un privato. Se il mercato della grafica si normalizza potremo avvicinarci con sicurezza al 1992 quando, con l’apertura delle frontiere in Europa, non dovremo temere l’arrivo dei mercanti europei più preparati, che già da tempo hanno differenziato la grafica originale dalla semplice riproduzione".
Il lungo articolo di Gian Alvise Salamon sul Giornale dell’Arte di 10 anni fa puntualizzava in modo sistematico tutta la problematica sulla grafica originale.
Io ricordo un fatto accaduto durante l’Expo Arte di Bari, nel 1978, quindi molti anni prima dell’articolo trascritto. Le gallerie esponevano una quantità incredibile di grafica: litografie, acqueforti e serigrafie. Per chi, come me, trascorreva intere giornate in stamperia, scattava inizialmente una specie di invidia malcelata per questi Maestri dalla produzione così feconda. Poi, con un po’ di attenta analisi del materiale offerto, potevo riprendere la mia equilibrata visione della realtà: era sgradevole pensarlo, ma tutti quei fogli - così artisticamente allestiti in fiera - erano robaccia. Di artistico non c’era nulla. E i Maestri, così ben supportati dalle efficienti gallerie del nord, erano praticamente degli impostori. Quadri ad olio si erano trasformati in acqueforti policrome con tirature da infarto. Oscuri incisori, dalla mano assolutamente diversa da quella pittorica dei Maestri committenti, avevano pazientemente copiato (nei casi migliori) le opere più decantate e commercialmente appetibili. E i nuovi ricchi degli anni ’80 acquistavano - senza badare a spese - semplici copie, icone cartacee di una mistificazione molto ben organizzata.
1999 Filippo Maria Patella
(tratto da ART GM, Anno II, Numero 1)