CALCOGRAFIA E MANDALA GRAFICO

PIRANESI L'INFORMATICA E I SEGNI
PIRANESI
In un laboratorio calcografico che si rispetti l’incisore oggi lavora con il computer, oltre che con il bulino e la tarlatana. Anche Piranesi - se fosse visssuto ai giorni nostri - si sarebbe servito di un personal per l’ideazione delle sue Carceri. L’analisi che segue riguarda un mandala calcografico, inciso su 5 lastre di zinco e realizzato in parte con la tecnica dell’acquaforte, in parte con acquatinta diretta in acido nitrico e in parte con cera molle. Queste tecniche hanno prodotto segni diversissimi dei quali per il momento non ci occuperemo. Bisogna anche fare una premessa: i procedimenti a cui facciamo riferimento richiedono fasi lunghissime e tempi conseguenti, per cui siamo costretti a sintetizzare al massimo le procedure. Dopo che le lastre sono state morsurate si è proceduto alla stampa dei singoli pezzi del mandala. E’ stato individuato un colore scuro, tale da evidenziare bene le differenze tra le parti incise sugli zinchi. La stampa, tramite la pressione calibrata dei meccanismi del torchio sul piano ove erano sistemate - di volta in volta - le singole lastre, ha tradotto abbastanza fedelmente sulla carta i segni tracciati dall’incisore e resi corposi, con gli spessori dell’inchiostro, dall’intervento demolitore dell’acido. E’ stata eseguita la prima prova di stampa. I fogli di carta sono stati ritagliati secondo le forme assegnate e la ricomposizione formale del mandala è stata completata (foto n. 1). Fino a questo punto anche Piranesi avrebbe seguito la stessa trafila: le operazioni che seguono, invece, rappresentano una assoluta novità per l’incisore.
INFORMATICA
Una alla volta le cinque stampe sono state fotografate con una camera digitale, i dati raccolti sono stati immessi nel computer e le immagini sono state elaborate, scontornando le singole parti del mandala e ricomponendole nella giusta sequenza. Il mandala reale ha un diametro di circa 100 cm., lo spazio utile in cui sistemare (rivista) la riproduzione misura invece 16 cm.: questa marcata sproporzione, resa più evidente dalla stampa tipografica, avrebbe impedito una buona osservazione dei segni, nella loro complessa diversità tipologica. D’altra parte non potendo stampare l’immagine a grandezza naturale, è stato necessario inventare un sistema per correggere questa sproporzione e, in un certo senso, mediare con un compromesso l’intera questione. Le immagini, riprese dalla fotocamera con una definizione in grado di dare anche i grigi, sono state trasformate in immagini al tratto, con bianchi e neri, senza toni intermedi: in questo modo la riduzione dimensionale del mandala, dall’immagine reale di 100 cm. a quella tipografica di 16, ha scontato una minore penalizzazione. In più abbiamo scoperto che invertendo le immagini, cioè rendendo i bianchi neri e viceversa, e posizionando il tutto su di una base circolare nera, è stato creato quasi un mandala nuovo. Non abbiamo raggiunto lo scopo di riprodurre tipograficamente la stampa calcografica originale, perché - si è visto - era impossibile per ragioni tecniche, nel senso che l’immagine sarebbe risultata illeggibile: a riprova della nostra teoria è stata riprodotta (foto n. 2), a grandezza quasi naturale e con tutte le sue tonalità coloristiche, una piccola parte di uno dei pezzi del mandala. Si può, infine, concludere che è stata sì stampata un’opera grafica originale ma che non può essere considerata una stampa calcografica vera e propria.
SEGNI
Citando nuovamente Piranesi dobbiamo invidiare la sua straordinaria capacità di perfezione manuale: non mancherà occasione successivamente di trattare anche questo aspetto: ora ci limitiamo a ribadire che l’informatica, nelle mani di un incisore, è un nuovo strumento di creatività artistica. Uno strumento affascinante e pericoloso, che richiede competenza tecnica (e quella la si acquista, lavorando e/o anche in modo non corretto!) ma soprattutto un sostrato etico indispensabile per resistere alle tentazioni della manipolazione fine a se stessa o, peggio, sottomessa a imbrogli di mercato. Un’opera realizzata con l’ausilio di mezzi informatici va dichiarata in quanto tale, senza ambigue formule descrittive. Ha, certo, un valore poiché è il frutto del lavoro di un incisore (cioè, di un artista): è stata prodotta con una mano un po’ particolare (usando il mouse o la tavoletta grafica) e quindi merita attenzione. Non meritano rispetto, al contrario, coloro che - da pseudoartisti - disegnano un qualcosa e, approfittando delle possibilità che oggi l’informatica concede a chi ne utilizza furbescamente gli strumenti, lo riproducono in più copie tipografiche, vendendolo poi come serigrafia, litografia o acquaforte.